L'apprendimento permanente per il futuro dell'Italia
L’apprendimento permanente è una necessità sociale ed economica. La nuova frontiera della formazione delle persone sta nel ripensare i modelli formativi dell’educazione degli adulti, partendo da chi ha 25 anni per finire alle persone anziane. È evidente che il lavoro e la vita attiva nella società non hanno più le caratteristiche di un tempo: è difficile per i giovani trovare lavoro anche con i titoli di studio superiori, mentre si rende necessario ricollocare persone over 50 e dare dignità sociale alle persone anziane. La relazione tra la cultura e la salute psico-fisica è un dato incontrovertibile, condizione che si avvera e si rafforza in una società che ha investito nella conoscenza e nei nuovi apprendimenti.
Il quadro della scarsa disponibilità di competenze della popolazione adulta nel nostro Paese è impietoso ampiamente documentato da numerose ricerche: più di 31 milioni di italiani non leggono nemmeno un libro all’anno, un terzo della popolazione italiana tra i 16 ed i 65 anni non è in grado di capire o scrivere una breve frase e il 40% ha grossi problemi a capire un semplice articolo di giornale. Quasi un terzo della popolazione tra i 18 ed i 45 anni è al limite dell’analfabetismo, pur trattandosi, in larga maggioranza, di persone che hanno completato con “successo” il primo ciclo di istruzione.
Nel mondo, e in particolar modo in Europa, il lifelong learning – l’apprendimento permanente – è un importante indicatore economico. L’Italia nel 2012 con il 6,6 % di persone dai 25 ai 64 anni che hanno effettuato corsi (media europea del 9%) si situa al 22° posto su 33 Paesi dell’area. Un risultato deludente (nel 2011 era al 21°), che ci spinge a lanciare una campagna di sensibilizzazione e di chiarificazione. Sensibilizzazione perché l’apprendimento permanente è combattere il degrado, la disgregazione sociale e il nuovo analfabetismo, ora come non mai, nonostante le enormi disponibilità offerte da internet e dai nuovi strumenti tecnologici. Chiarificazione perché l’apprendimento permanente non è un qualsiasi atto formativo, è l’atto formativo della persona, per tutto il corso della vita, lo strumento per dare a tutti socialità e democrazia, partecipazione e cittadinanza.
Cambiare registro!
Se si vogliono ottenere risultati bisogna cambiare registro. Bisogna mettere in discussione gli attuali assetti dei sistemi di istruzione e di formazione professionale (organizzazione, contenuti curricolari, formazione e carriera degli insegnanti, metodologie didattiche, etc.) con l’obiettivo primario di provare a garantire a tutti la padronanza delle “competenze chiave” indicate nel 2006 dall’Unione Europea, evitando nozionismo e pretese di enciclopedismo. Nello stesso tempo deve essere riconosciuta alla educazione degli adulti una rilevanza sociale, economica e culturale analoga a quella che viene attribuita all’educazione dei bambini e degli adolescenti.
Riconoscere la centralità della educazione degli adulti nel nostro Paese comporta una rete organizzata, qualificate risorse umane e adeguate risorse finanziarie. Queste possono funzionare ed ottenere risultati solo se sono governate dalla consapevolezza e dal riconoscimento della particolarità e specificità dell’apprendimento permanente.
Il quadro della scarsa disponibilità di competenze della popolazione adulta nel nostro Paese è impietoso ampiamente documentato da numerose ricerche: più di 31 milioni di italiani non leggono nemmeno un libro all’anno, un terzo della popolazione italiana tra i 16 ed i 65 anni non è in grado di capire o scrivere una breve frase e il 40% ha grossi problemi a capire un semplice articolo di giornale. Quasi un terzo della popolazione tra i 18 ed i 45 anni è al limite dell’analfabetismo, pur trattandosi, in larga maggioranza, di persone che hanno completato con “successo” il primo ciclo di istruzione.
Nel mondo, e in particolar modo in Europa, il lifelong learning – l’apprendimento permanente – è un importante indicatore economico. L’Italia nel 2012 con il 6,6 % di persone dai 25 ai 64 anni che hanno effettuato corsi (media europea del 9%) si situa al 22° posto su 33 Paesi dell’area. Un risultato deludente (nel 2011 era al 21°), che ci spinge a lanciare una campagna di sensibilizzazione e di chiarificazione. Sensibilizzazione perché l’apprendimento permanente è combattere il degrado, la disgregazione sociale e il nuovo analfabetismo, ora come non mai, nonostante le enormi disponibilità offerte da internet e dai nuovi strumenti tecnologici. Chiarificazione perché l’apprendimento permanente non è un qualsiasi atto formativo, è l’atto formativo della persona, per tutto il corso della vita, lo strumento per dare a tutti socialità e democrazia, partecipazione e cittadinanza.
Dove c’è cultura e formazione non c’è periferia.
La dimensione locale dell’organizzazione e della direzione delle azioni è condizione indispensabile per poter aderire alle diversità territoriali e alle specificità sociali. L’apprendimento permanente da oltre 30 anni è una espressione locale, con migliaia di associazioni che operano in totale autonomia, con modalità creative e partecipative tali da trasformare i “non luoghi” e le periferie in centralità. Associazioni di terzo settore (da quelle di volontariato alle fondazioni, passando per la promozione sociale) hanno concretamene intercettato un bisogno evolvendosi culturalmente e organizzativamente, sostituendosi alle Amministrazioni Pubbliche. In Italia, forse è bene ricordarlo operano almeno 2000 associazioni non profit che hanno la denominazione o le caratteristiche di Università popolari e degli adulti. Queste coinvolgono migliaia di collaboratori e docenti con una frequenza di oltre 600.000 persone. Questi organismi, però, per crescere devono essere messi in condizione di farlo da parte dello Stato. Occorre evitare la polverizzazione sul territorio delle iniziative e spronare gli organizzatori alla ricerca e a connettersi con le altre istituzioni culturali ed educative.
In questa ottica le Regioni e i Comuni devono occupare un ruolo attivo nel sostenere e integrare le politiche attive del lavoro, la cultura e la formazione, secondo l’art. 118 della Costituzione Italiana, comma 4, che recita “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”
Il Servizio pubblico, che può essere affidato anche agli organismi del terzo settore, offrirà così un prodotto culturale nato da quel territorio e vissuto dai cittadini come forma qualificante della vita. In questo modo si darà attuazione concreta al principio di sussidiarietà e nel contempo si premieranno i cittadini che si organizzano per gestire e ampliare i beni comuni.
Istituire le Università degli adulti e le Università popolari.
Considerato la specificità delle attività di educazione permanente si rende necessaria l’istituzione di una nuova persona giuridica, l’Università degli adulti o Università popolare, per meglio identificare il luogo e l’organizzazione che eroga il servizio. Le Regioni hanno tutti gli strumenti per regolamentare e individuare i soggetti giuridici che svolgono questo servizio, anzi possono incentivare aggregazioni tra i vari enti oppure possono spingerli a riorganizzarsi per far fronte alle esigenze locali.
Tutto questo è possibile creando un nuovo Sistema regionale che promuovendo l’apprendimento permanente, promuoverà strutture con la stessa identità visiva e culturale. Strutture all’interno delle quali si erogano servizi partecipati di formazione a giovani, donne, adulti ed anziani, affinché il loro aggiornamento culturale e i nuovi apprendimenti li faranno stare al passo con i tempi, promuovendo conoscenze e competenze per la vita e il lavoro quotidiani.
Cosa chiediamo.
Fatte queste premesse e convinti che occorra accelerare il tempo delle decisioni, chiediamo allo Stato, alle Regioni e ai Comuni di sostenere concretamente gli Enti e le associazioni che, assicurando standard di qualità e trasparenza amministrativa, concorrono all’innalzamento culturale dei cittadini.
Allo Stato
- La detrazione fiscale ai cittadini che frequentano corsi presso le Università degli adulti;
- Di istituire e proteggere la denominazione Università degli adulti e Università popolare stabilendo i criteri per poter avere la denominazione.
- Di istituire la Settimana dell’Educazione permanente, con programmi di sensibilizzazione nei luoghi di lavoro, nelle Scuole e in tutte le sedi pubbliche e private interessate.
Alle Regioni
- Di varare delle Leggi di sostegno e di regolamentazione delle Università degli adulti e delle Università popolari;
- Di istituire il Sistema di educazione permanente regionale e di favorire la collaborazione pubblico-privato sociale;
Ai Comuni
- Locali adeguati in comodato d’uso alle Università degli adulti e alle Università popolari; ii. Di integrare l’educazione permanente con le attività culturali cittadine e il sistema delle Biblioteche pubbliche e dei Centri culturali.
Una nuova primavera per l’educazione degli adulti.
Le osservazioni e le richieste contenute in questo documento costituiscono la “Carta di Fabriano”, discusse e approvate dai rappresentanti delle Università popolari e degli adulti dell’Unieda, riunitasi in Fabriano il 22 e il 23 marzo 2014. Il nostro compito però non si esaurisce con un documento che riguardi solo le nostre organizzazioni. Noi auspichiamo una seria presa di coscienza di tutto il mondo della formazione e dell’istruzione, che al pari di quanto già fanno i cittadini organizzati, dovrebbero aprirsi a nuove sperimentazioni e a nuove metodologie didattiche, le quali se coordinate in maniera intelligente, potranno assicurare il superamento di quella frontiera di conoscenza, che al momento ci rende deboli e dal futuro instabile.
Le Università popolari e degli adulti, la Scuola e le Agenzie di formazione professionali, insieme potranno dare vita ad una nuova primavera per l’educazione degli adulti, sconfiggendo le autoreferenzialità di ciascuno, mirando a razionalizzare i beni comuni e a produrre quel bene comune che è la conoscenza. Tutto questo farà di noi e dell’Italia un centro di cultura e di progresso, capace di influire sull’occupazione e sul benessere dei cittadini.